L’INCONTRO CON LA CARNIA Settimana vocazionale – 2° giorno

Il primo incontro di oggi è avvenuto presto, all’incirca alle 8 di mattina.
Appena dopo le lodi, ci siamo preparati in abiti da lavoro e abbiamo avuto il primo impatto con la legna. La legna è un elemento fondamentale qui in Carnia, dove gli inverni sono molto rigidi.
Girando nei paesi si vedono spesso all’esterno delle case le cataste di tocchi, tutti impilati con meticolosa precisione a formare delle pareti fittissime. Come quelle che ha don Piero tutt’intorno al suo cortile e su una parte del terrazzo.

Don Piero è un gran lavoratore e una celebrità da queste parti. Tutti lo conoscono, anche chi non frequenta la chiesa, e tutti dicono bene di lui, colpiti dalla sua energia e dal fatto che le sue porte sono sempre aperte per chiunque.
Ci ospita nella sua canonica, qui nel centro di Ampezzo, e noi ci siamo messi alla sua scuola.

Ci ha spiegato il ciclo della legna, da quando viene tagliata dai ceppi a quando viene spostata in diverse zone, a seconda degli anni di invecchiamento.
A questo punto ha tirato fuori tutto l’occorrente (motosega, spacca legna, ascia, carrucola) e ci siamo messi a lavorare. Nel nostro gruppo all’inizio abbiamo pagato un po’ di inesperienza, ma coi consigli e gli incoraggiamenti del don siamo quasi riusciti a realizzare la pila perfetta. Alla fine il don si è detto molto soddisfatto di tutti noi e si vedeva che era contento.

Una volta terminati i lavori ci siamo seduti a tavola per il pranzo, preparato dal nostro fra Tullio, il cuoco del gruppo, anche lui originario di queste zone. A dire il vero, un alone di mistero lo circonda, poiché tra di noi alcuni affermavano di averlo visto quella mattina mentre cucinava. Altri però subito controbattevano che invece stava tagliando la legna. Altri ancora dicevano che in realtà era andato a fare la spesa e l’avevano visto tornare con delle buste della spesa. Alla fine, tutti dicevano il vero e quindi solo due ipotesi sono verosimili: o ha il dono dell’ubiquità, oppure ha altri 2 sosia.

Nel pomeriggio il secondo incontro, con le persone nelle loro case.
Dopo l’invocazione dell’ spirito ci siamo divisi in quattro gruppi per quattro zone del paese, andando di casa in casa per un saluto e una benedizione, per chi lo desiderasse. Chi non lo ha desiderato, ce lo ha comunque detto con cortesia. Gli altri, ci hanno accolto con calore. La nonna di Maria, una ragazzina che fa la chirichetta nella chiesa del paese, era addirittura appostata di vedetta alla finestra e, una volta avvistati, si sbracciava gridando per invitarci a salire. Alla domanda se volesse la benedizione per la sua casa e la sua famiglia, anche lei ha ripetuto una frase che più volte abbiamo sentito durante il nostro giro: “Sì padre, ne abbiamo proprio bisogno”.
Giunte le 6, le benedizioni hanno lasciato il posto alle celebrazioni delle messe. In questa settimana diamo man forte a don Piero e ai sacerdoti della zona, che devono dividersi tra i vari paesi.

L’ultimo incontro, quindi, è avvenuto con il paese di Sauris di Sopra, dove c’è una graziosa chiesetta dedicata a S. Lorenzo, che si affaccia su una meravigliosa vallata carnica.
All’interno ci aspettava un gruppetto di anziane signore, che bisbigliavano tra di loro prima dell’inizio della funzione, lasciandoci a bocca aperta, poiché non riuscivamo a capire nemmeno una parola.
Ma non appena si iniziava a cantare, le loro voci toccavano le note più alte con una dolcezza di bambini. La mia mente è stata immediatamente rimandata indietro nel tempo, alla vita raccontata in quei film in bianco e nero che non ho vissuto, ma che sicuramente sono impressi nella nostra memoria biologica.

All’uscita, tutti nel paese salutavano don Piero e ci facevano festa. Arrivati alla macchina il don, quasi allarmato, ha chiesto “beh, ma non beviamo niente?!”.
E allora birra al bar del paese.
Il comune di Sauris, tra l’altro, è un posto fantastico in quanto, nonostante i suoi 390 abitanti, ha un birrificio artigianale e produce uno dei prosciutti più rinomati d’Italia.
Tuttavia, mentre gustiamo l’ottima birra e godiamo dell’accoglienza delle persone del posto, il tempo scorre.
A un certo punto, allarmati, scendiamo, poiché il tempo per iniziare a cucinare è già passato d’Ampezzo (lasciatemelo dire).
Tuttavia, una volta rientrati, scopriamo che fra Ivano era rimasto a coprirci le spalle in canonica, cucinando per noi e sacrificandosi per la truppa.
Missione compiuta.

Luca

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