Un simpatico episodio della vita di Francesco insegna come trattare i beni di questo mondo.
Mentre Francesco, pieno di malattie e quasi prossimo a morire, si trovava nel luogo di Nocera, il popolo di Assisi mandò una solenne deputazione a prenderlo. I cavalieri, che lo trasportavano a cavallo con molta devozione, raggiunsero la poverissima borgata di Satriano, proprio quando la fame e l’ora facevano sentire il bisogno di cibo. Ma per quanto cercassero, non trovarono nulla da comprare. Allora i cavalieri tornarono da Francesco e gli dissero: «È necessario che tu ci dia parte delle tue elemosine, perché qui non riusciamo a trovare nulla da comprare». «Per questo motivo voi non trovate, – rispose il santo – perché confidate più nelle vostre mosche che in Dio». Chiamava evidentemente mosche i denari. «Ma – continuò – ripassate dalle case dove siete già stati e chiedete umilmente l’elemosina, offrendo in luogo dei denari l’amore di Dio! Non vergognatevi, perché dopo il peccato viene concesso tutto in elemosina e quel grande Elemosiniere dona largamente e con bontà a tutti, degni e indegni». Deposta la vergogna, i cavalieri andarono subito a chiedere la carità e trovarono da comprare assai più «per amore di Dio» che con il denaro (FF 665).
Il senso di questo racconto è chiaro: chi pensa di comprare, sicuro del suo denaro, resta a bocca asciutta, mentre chi chiede umilmente trova ciò di cui ha bisogno. La sapienza di Francesco ci insegna che «dopo il peccato viene concesso tutto in elemosina» dal grande Elemosiniere, che è Dio. In un mondo in cui molti dicono: «Chi devo ringraziare? quel che ho è mio e me lo sono guadagnato io!», ricordiamoci che tutto quel che abbiamo, beni materiali e doti spirituali, tutto lo abbiamo ricevuto. Ne nascerà un modo diverso di guardare al mondo, alle cose, alle persone; e soprattutto nascerà nel cuore una grande gratitudine, che ci spinge a restituire con gioia quel che riconosciamo essere un dono.
Fra Cesare Vaiani