Il Presepe secondo S.Francesco #3

Quando Francesco spiegò al suo amico Giovanni, signore del contado di Greccio, il suo proposito per la notte del Natale, gli disse: «Voglio far memoria del Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo vedere  con gli occhi del corpo i disagi per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come fu posto sul fieno tra il bue e l’asino». Merita attenzione il proposito di “vedere con gli occhi del corpo” i misteri del Signore.

Da questa esigenza nasce la volontà di rappresentare, coinvolgendo i cinque sensi: la vista (le torce e le fiaccole di quella notte, l’ambientazione stessa della grotta, dell’asino e del bue), l’udito (i canti dei frati e del popolo, il canto del Vangelo), il tatto (la visione del bimbo risvegliato e preso in braccio), addirittura il gusto (con Francesco che, secondo il biografo, si lecca le labbra ogni volta che pronuncia il nome di Gesù, quasi ad assaporarne la dolcezza). E possiamo pensare che anche l’olfatto avesse la sua parte, se non altro per la presenza degli animali accanto all’altare! Un coinvolgimento totale, di tutte le capacità sensoriali e recettive dell’uomo. Siamo invitati da Francesco a non avere paura dei sensi, ma a sviluppare un sano rapporto con i nostri sensi, quelli corporei e quelli spirituali, scoprendo così che gli uni rimandano agli altri.

Il presepio di Greccio è anche un chiaro invito a lasciare più posto alla creatività e alla novità, senza aver paura di quel che non si è mai fatto: nessuno aveva mai celebrato il Natale in quel modo, eppure l’intuizione geniale di Francesco diventa generatrice, se non del presepio in assoluto, certo della capacità di dare corpo alla rappresentazione, come il genio cristiano ha saputo fare nel corso dei secoli, in tante forme artistiche. Dare spazio anche ai sentimenti, senza avvilirci in celebrazioni seriose, ma con la capacità di dar voce alla gioia e al canto, alla celebrazione festosa, alla bellezza, da godere con tutti i sensi. E infine, forse soprattutto a noi francescani, ricorda anche che la povertà è bella: è anche esteticamente bella. A Greccio tutto parla di povertà, di semplicità, di mezzi molto poveri:  eppure risplende sovrana la bellezza. Riusciremo anche noi a essere fedeli a questa “estetica della povertà” che Francesco ci insegna, con eleganza e con semplicità?

Fra Cesare Vaiani

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