La mia vita di frate minore è trascorsa sempre in comunità che avevano lo scopo di incontrare i giovani. Ma la più presente alla mia mente è la FAV cioè la fraternità di accoglienza vocazionalevissuta per anni qui a S. Pancrazio. Ogni anno ad aprile era una sorpresa sempre nuova. Alcuni giovani che venivano a vivere nella nostra fraternità. Da una parte il mio sentimento era di preoccupazione per l’impegno di dare una buona testimonianza di vita, seppure nella quotidianità. Sappiamo tutti che i giovani ci guardano e misurano ogni parola, ogni gesto e soprattutto usano il loro spirito critico per osservare la coerenza tra l’ideale della vita del frate e la sua concreta realizzazione nel singolo frate, cioè in me frate Livio. Ecco il primo sentimento: preoccupazione. Questo mi innervosiva e dentro di me sentivo il bisogno di non allarmarmi più di tanto…non era facile…non dovevo assolutamente apparire quello che non sono. Ero chiamato a questa coerenza.
Il secondo sentimento era di spezzare il mio carattere per far vedere con semplicità chi sono come uomo e perché ho scelto la vocazione di frate minore. Ed anche avvicinare i giovani e metterli a loro agio, liberandoli dalle paure, dalle perplessità, dai timori, perché si aprissero con fiducia a me e non avessero timore di esprimere ciò che vivevano nella loro mente e nel loro cuore.
Mi dicevo è solo accoglienza. Hanno un responsabile che pensa alla loro formazione! Mi basta lasciare spazio alle loro domande e richieste, ma il responsabile ci ripeteva in continuazione: “non sono solo io il formatore, ma tutta la fraternità deve essere formativa”. Per il mio carattere sono tentato di delegare ad altri la responsabilità formativa, ma data l’insistenza, mi sono offerto a svolgere un incontro settimanale di catechesi. Era certamente un buon approccio e ci siamo vicendevolmente sgelati e ha incominciato a correre tra noi una serenità e una buona complicità, attraverso la quale anche i lati più deboli venivano esposti senza paura.
La prima meraviglia da parte dei giovani era scoprire la mia iniziale scintilla di vocazione. Rimanevano sconvolti quando venivano a sapere che un ragazzino di 10 anni aveva già deciso di farsi frate. Come era possibile? Eppure questa era la verità! Rimanevano stupiti del lungo itinerario svolto per arrivare alla prima professione di frate minore. La loro curiosità si alimentava di domande e così si entrava sempre più in sintonia e la formazione diventava una realtà di domande e risposte, di maggiore confidenza e questo rendeva bella la nostra accoglienza.
E cresceva in me la gioia di accompagnare questi giovani, attraverso la via di s. Francesco, a conformarsi al Signore Gesù Cristo.
A laude dell’Altissimo e bon Signore!
frate Livio