EREMO FRANCESCANO

L’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”.

Voglio iniziare il racconto di ciò che è stato l’eremo, con questa frase. Perché quando sono arrivata con la mia piccola valigia, alla porta della mia stanza e ho letto questa frase appesa, ho provato una strana sensazione. Difficile da spiegare a parole.
Ricordo di essermi fermata qualche minuto davanti a quella scritta e di aver ripetuto nella mia testa, la sola cosa che catturava la mia attenzione: “La condurrò nel deserto”.

La parola “deserto” mi spaventava. Entrare in quella stanza, mi faceva paura.
Era come se quella porta separasse, in qualche modo, me stessa da tutto il dolore e le paure che avevo sempre cercato di tenere soffocate; e io stavo per aprirla.
Non sapevo se fossi pronta ad affrontarle, ero convinta di no, nella mia testa risuonavano le parole della mia famiglia “Non sei pronta per un’esperienza così”; ma qualcosa mi aveva spinta fino a quel punto e così decisi di aprire la porta ed entrare.

Da quel momento è iniziato il mio deserto.

I primi due giorni sono stati i più difficili. Perché l’Eremo ti chiede di guardarti dentro e di entrare in contatto con quella parte più nascosta, quella parte che non vuoi provare che esiste; in cui nascondi tutto ciò che rifiuti di te stessa e della tua vita.

Le domande che mi venivano date come spunti di riflessione, lavoravano e scavavano dentro di me e mi obbligavano ad affrontare il mio deserto. E forse detta così potrebbe spaventare, ma c’è una cosa che mi ha colpito moltissimo: sono entrata all’Eremo sentendomi terribilmente sola e credevo che li sarebbe stato ancora peggio; invece non c’è stato un solo momento nel quale mi sono sentita così. Affrontavo le mie battaglie interiori, senza sentirmi sola. Mi sentivo al contrario accompagnata, in ogni passo, in ogni pensiero. Accompagnata dai miei compagni di viaggio, ma non solo.

Ed è stato il terzo giorno, che rientrando nella mia camera, ho notato la seconda parte della frase: “e parlerò al suo cuore”. La vedevo ogni volta che rientravo in camera, ma mai mi ero soffermata su quelle parole che in quel momento leggevo come per la prima volta e che sentivo come una promessa.

Da quel momento la mia esperienza di Eremo è cambiata totalmente ed è diventata un “viaggio” bellissimo nel mio incontro con il Signore. Essermi spogliata di tutte le mie maschere, mi ha permesso di guardarmi come Lui mi guarda e di sentirmi, nonostante le mie imperfezioni, veramente amata.
L’eremo mi ha dato quello che non trovavo: la promessa di un nuovo inizio, nel suo amore.

Emma Porta

 

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