VOLTI DI DIO – Des viages et des dieux (II° parte)

…la direzione inversa: ho lasciato Bologna, la mia fraternità, la mia famiglia, gli affetti, le mie sicurezze, le mie certezze… il volto di un Dio Misericordioso, tenero e paterno, per dirigermi in un luogo che ha il sapore di cous cous, il colore dorato della terra polverosa, il profumo delle spezie, il suono metallico di un megafono che richiamando alla preghiera, ha ancora il potere di fermare il tempo e ammutolire il baccano dei mercati (suq) spalmati in un labirinto di vicoli e scoli, ma soprattutto è un luogo che trasmette un Volto di Dio a me sconosciuto, completamente nuovo, che cerca di svelarsi ai miei occhi curiosi e increduli…  ecco che questa partenza non riscatta, rinnega o fugge quanto vissuto a Bologna, semmai lo continua, nella presunzione di portarlo a compimento… Cercare il Volto di Dio in terra musulmana è una sfida da pazzi… o forse è proprio la ricerca di Lui come Via, che condurrà alla Verità per ridarmi Vita… E’ così che ho lasciate le colline verdeggianti di Bologna al crepuscolo, e sono arrivato a notte inoltrata a Casablanca (Marocco) sulla costa Atlantica del continente africano. L’unica certezza che mi portavo dietro erano una Bibbia, uno zaino, una valigia (dove ho concentrato il necessario per vivere) e in tasca un passaporto con un test negativo al Covid. Tre ore e mezzo di vita trascorse in una provetta volante hanno il potere di cambiare profondamente l’esistenza in un prima e un dopo.

 

Arrivato all’aeroporto, mi dirigo allo sportello del check-in e mi accorgo che in realtà il mio viaggio comincia prima ancora di partire: ero l’unico italiano a prendere quel volo per il Marocco. Arabe anche la compagnia aerea e l’equipe del personale predisposto all’accoglienza. La coda anarchica e rumoreggiante in attesa di ricevere la carta d’imbarco è stato il presagio di quanto mi aspettava. Lotta degli agenti di polizia per mantenere la coda nelle distanze di sicurezza. Lotta del personale allo sportello che scoprivano bagagli tutti in sovrappeso o che superavano le misure consentite. Dispute in arabo dialettale tra passeggeri e polizia che sembravano dirsi reciprocamente con prepotenza: “…ma lei non sa chi sono io!” …e poi come al mercato: uno che arriva per ultimo ma che avendo chi da prima gli teneva il posto, con sorriso misto tra strafottenza e simpatia supera la fila andando ai primi posti… e anch’io che, volevo distinguermi in portamento e gentilezza da questa folla rumoreggiante e agitata, mi ritrovo al check-in a dover pagare 100 euro di multa e vedermi imbarcare il bagaglio a mano perché la borsa che avevo, veniva considerata in esubero! (…mi avevano allegramente fregato sulla gentilezza!) Insomma, non si salvava più nessuno… e io rientravo nella stessa categoria di tutti gli altri… BENVENUTO! Poi arrivo alla dogana dove ormai non avevo più niente da dichiarare, perché tutto era già stato imbarcato e avevo le mani libere e vuote come il mio portafoglio. L’imbarco, la partenza, il volo, un panino al tonno come cena, e un bicchiere d’acqua sotto vuoto che ho cercato di farmi durare tutto il viaggio, visto che mi avevano legalmente ripulito. Durante il tragitto, più volte mi chiesi se ero proprio così sicuro che il Signore mi avesse chiamato a Casablanca… (magari intendeva La Casa Bianca!) …ma si sa che il Signore quando propone degli spostamenti, prevede sempre delle perturbazioni, per niente nella Bibbia gli ha dedicato un capitolo intero chiamandolo ESODO.

Grande consolazione, che vinceva qualsiasi dubbio, era sapere che dall’altra parte non mi attendeva un centro d’accoglienza come spesso accade a chi cerca di oltrepassare il Mediterraneo, ma ci sarebbe stata la “mia Terra Promessa” e due confratelli di Rabat, pronti a portarmi in convento, ristorarmi e a darmi da dormire. Si trattava perciò di passare i vari controlli sperando che il mio francese o inglese fossero sufficienti a chiarire eventuali sospetti, prendere consapevolezza che adesso lo straniero ero io, e cominciare a mettermi nei panni di un migrante che ha come primo obiettivo il permesso di soggiorno. Mentre tutti gli altri passeggeri fluivano veloci all’uscita per i cittadini del Marocco, io ho dovuto fermarmi al posto di controllo per passaporti stranieri. L’agente che si trovava allo sportello era solo per me e non aveva alcuna fretta… ha trascritto a mano e con una certa “attenzione” tutte le informazioni che gli servivano, mi ha chiesto la carta d’invito, i motivi del viaggio, quanto fossi rimasto e ad ogni risposta che davo si percepiva una smorfia che rimaneva nascosta dalla mascherina anti-covid, ma sembrava dire: “…qui le cose non vanno per niente bene!” Una pausa di qualche minuto, una telefonata, ancora del silenzio e la penna ad annotare gli ultimi dettagli e poi…(la testimonianza continua nel prossimo articolo)

 

fra Franco Drigo

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