LA PAROLA AI PRIMI TESTIMONI…

Agostino, Fabio  e Cesare si racontano…il perché questo progetto.

1 Il Signore disse ad Abram:
“Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
2 Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.

(Gen 12, 1-2)

Questo brano biblico sembra, ad una prima lettura, entrare in contraddizione con un Dio che si fa vicino ad ogni uomo nella sua quotidianità. Infatti potrebbe sorgere la seguente domanda: perché le tue promesse non dovrebbero realizzarsi qui, nella terra che già ora mi hai concesso di abitare? Verrebbe da rispondere con altre domande: è vero, già ora c’è del bene nella terra che abiti, ma con quale sguardo lo consideri? E dove ti conduce questo bene? Se ti conduce fuori dalla porta di casa, sei sulla buona strada. Se ti conduce al divano in salotto, è ora di cominciare il tuo viaggio.

Presto o tardi, ogni giovane intuisce la bontà di queste parole, anche se rischia di fraintenderle. Se infatti sono molti che desiderano lasciare la “casa del padre”, non di rado tale desiderio si fonda più sulla ricerca di una generica autonomia, di voler decidere per sé, talvolta sulla spinta di una rivolta adolescenziale contro i propri genitori: tutte mozioni comprensibili e forse inevitabili, ma in sé ancora insufficienti alla costruzione di una persona adulta.

Qual è allora la “casa del padre” che siamo invitati ad abbandonare? Si potrebbe intendere come la visione distorta che si ha di se stessi, piena di falsi giudizi, angoscia e scelte difensive, andata costruendosi sin dai primi anni dell’infanzia: “Io sono questo e quest’altro. Sono fatto così”. Ma quando diciamo “io” chi intendiamo veramente? Difficilmente ci riferiamo al nostro essere figli amati di Dio. La famiglia, le amicizie di sempre: sono tutte ricchezze immense, ma sono anche i primi ambiti  nei quali ha avuto luogo questa alienazione da sé, e per riconoscerle nella loro bellezza c’è bisogno di prenderne le distanze. Bisogna aderire a quel viaggio interiore che porterà ad abbandonare le antiche strutture e ad integrarle nell’uomo nuovo che preme per nascere (ecco l’”io” autentico dei figli di Dio!).

 

(…) continua nel successivo articolo

 

 

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