L’immagine comune di Francesco d’Assisi è quella dell’amico degli animali e della natura. Questo aveva colpito anche i suoi contemporanei: ascoltiamo la prima biografia.
Quando Francesco mirava il sole, la luna e le stelle del firmamento, il suo animo si inondava di indicibile gaudio. Perfino per i vermi sentiva grandissimo affetto, perché aveva letto che del Salvatore é stato detto: Io sono verme e non uomo; perciò si preoccupava di toglierli dalla strada nascondendoli in luogo sicuro, perché non fossero schiacciati. […]
E quale estasi gli procurava la bellezza dei fiori quando ammirava le loro forme o ne aspirava la delicata fragranza? Subito rivolgeva l’occhio del pensiero alla bellezza di quell’altro Fiore il quale, spuntando luminoso dalla radice di Iesse, con il suo profumo richiamò alla vita migliaia e migliaia di morti. Se vedeva distese di fiori, si fermava a predicare loro e li invitava a lodare il Signore; allo stesso modo le messi e le vigne, le pietre e le selve e le belle campagne, le acque correnti e i giardini verdeggianti, la terra e il fuoco, l’aria e il vento, con semplicità e purità di cuore invitava ad amare e a lodare spontaneamente il Signore.
E finalmente chiamava tutte le creature con il nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio. (458-461).
La caratteristica del suo rapporto con le creature è che queste lo rimandano al Signore: il verme gli ricorda Gesù, come dice il salmo 21, i fiori gli ricordano Gesù, che la tradizione chiama fiore della radice di Iesse, e addirittura tutte le creature diventano fratello e sorella, perché provengono dall’unico Creatore. Lo sguardo di Francesco riconosce nella natura un potente richiamo verso Dio. Come dirà del sole, nel Cantico delle creature: «et ello è bello e radiante con grande splendore: de te, Altissimo, porta significazione».
La bellezza delle creature mi rimanda al Creatore? O mi fermo solo alla creatura?
Fra Cesare Vaiani